Se è vero che il Krav Maga non è un’arte marziale, ma un metodo di combattimento, allora nell’apprenderlo non si può pensare di ritualizzare i movimenti, tali da renderli meccanici. Poiché questo potrebbe avere risultato in un ambiente protetto quale la palestra, ma diverrebbe irrealistico e difficilmente applicabile in una aggressione da strada proprio per l’assenza di quel contatto e reattività  che accade nel nostro cervello quando lo stress, dovuto alla percezione di un pericolo, si eleva e raggiunge soglie critiche. Nei nostri allenamenti l’obiettivo è studiare un metodo di reazione per poi applicarlo nell’immediato, sotto stress, con allenamenti mirati per cercare di rendere istintiva la reazione. Anche questo percorso mentale lo si raggiunge con il graduale approccio al contatto e con metodologia crescente applicata ai metodi di combattimento, ponendo particolare attenzione a quello che è l’aspetto psicologico dell’aggressione, fino a cercare di riprodurne e provare a controllare, in un ambiente “sicuro”, quello stress, quell’affaticamento che si concretizza in strada, durante un’aggressione.

Questo perché un individuo allenato a confrontarsi con eventi stressanti sarà maggiormente resistente a mantenere in stato di equilibrio la propria psiche, nonostante il variare delle condizioni esterne, rispetto a chi fa una vita sedentaria, priva di fattori esterni che influiscono su di esso. Altro fattore strettamente correlato allo stress, e ciò che questo genera: lo stato d’ansia. Riuscire a gestirla è la differenza tra ansia che si trasforma in coraggio, e ansia che sfocia in panico.  Ecco allora che il metodo Krav Maga aiuta la crescita dei riflessi naturali del corpo. Provarli e ripeterli, con assidua pratica e in ogni condizione, aiuta la nostra mente, seppur sotto stress, a perfezionarli e ad assimilarli per poter reagire efficacemente ad un pericolo. Lo scopo è appunto avere sempre più consapevolezza delle proprie possibilità, e con esse una buona padronanza dei processi mentali e psicologici che si generano durante una situazione di forte stress, quale l’aggressione. Questo aspetto riveste un ruolo preminente nel Krav Maga, così come lo defìnì anche il suo fondatore già nel 1948, Imre Emerich Lichtenfeld, “IMI”, quando iniziò ad addestrare militari e civili con il Sistema di Difesa Krav Maga asserendo che “lo stress fuori controllo, può influenzare il nostro stato emotivo e la capacità di risposta”…

Lo staff

In generale, per chiunque pratichi attività fisica, è importante dedicare dei periodi di preparazione per il miglioramento e consolidamento della potenza, della forza e della resistenza muscolare. Associato ai metodi di combattimento del Krav Maga, una buona resistenza muscolare ci permette, oltre che a prevenire eventuali infortuni che potrebbero incorrere durante gli allenamenti, di iniziare a gestire al meglio le reazioni della nostra mente sotto stress. È dunque molto importante iniziare con carichi di stress e affaticamento leggeri per poi progredire sempre più, fino a cercare di riprodurre quanto più possibile lo stato d’ansia che si crea nel nostro corpo e nella nostra mente durante un’aggressione. E’ in quest’ottica che l’allenamento in generale deve seguire una logica, e sarà importante legarla a quelle che sono le esigenze dell’atleta che dovrà affrontare un aggressione e non una gara di sollevamento pesi! È bene quindi precisare che nel metodo Krav Maga non esiste una filosofia marziale alla base ma ha, quale unico scopo, quello di portare l’allievo a sapersi controllare e gestire, per poter fronteggiare un aggressore. Questa è la finalità dei nostri corsi, venite a provare.

Il significato di questo colpo, si materializza con l’obiettivo di centrare frontalmente l’avversario in linea retta. Ancor più che negli altri metodi di combattimento ed arti marziali, essendo il Krav Maga per definizione, combattimento a contattoil diretto viene portato a corta distanza acquisendo la sua potenza attraverso il corpo: la forza di questo colpo nasce dal piede, si sviluppa attraverso il bacino e la torsione del busto, ed esce dal braccio. 

Le dita si racchiudono verso il palmo della mano ed il pollice chiude in protezione. Non avendo le fasce ed i guantoni a proteggerci la mano, non bisogna mai dimenticare infatti che stiamo parlando di una ipotetica aggressione in contesto da strada, si colpisce sempre tendendo il pugno

 

in linea verticale, utilizzando le prime due nocche,  questo perché, l’impatto con un corpo rigido a mani nude, quale ad esempio il volto, potrebbe procurare la frattura delle ultime due dita della mano, le più fragili. Come sempre ulteriori curiosità potrete approfondirle iscrivendovi ad uno dei nostri corsi.   Continua a leggere

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